Evitare tempi di fermo impianto con la nuova tecnologia per il rilevamento di fughe di idrogeno

La manutenzione di generatori raffreddati a idrogeno è fondamentale per la sicurezza e l'efficienza di una centrale elettrica. Trovare e riparare le fughe di idrogeno in un sistema di raffreddamento spesso comporta ricerche approfondite su componenti, valvole, raccordi o altri elementi. I metodi di ispezione tradizionali tendono ad essere scarsamente affidabili nella localizzazione dell'origine della fuga, e sono più indicati per segnalare l'aumento della concentrazione di idrogeno in un'area. L'avvento delle termocamere per la rilevazione ottica di gas ha migliorato notevolmente l'efficienza e le capacità di rilevazione delle fughe. Con l'introduzione di una termocamera dedicata alla rilevazione fughe di CO2, le centrali ora dispongono di un metodo efficiente per individuare la fuoriuscita di idrogeno utilizzando CO2 come gas tracciante.

Un generatore per la produzione di energia elettrica produce una grande quantità di calore che deve essere dissipato per mantenerne l'efficienza. In base alla sua potenza nominale, il generatore potrebbe essere raffreddato ad aria, a idrogeno, ad acqua, mentre nei generatori di potenza maggiore ad acqua per gli avvolgimenti dello statore e a idrogeno per il rotore. Il raffreddamento a idrogeno è particolarmente efficiente, grazie alla bassa densità, all’elevato calore specifico e all'elevata conducibilità termica di questo gas. Tuttavia, l'idrogeno, se miscelato con aria, è altamente infiammabile e, in alcune aree, un'elevata concentrazione di questo gas può risultare molto pericolosa. I generatori a turbina rilasciano idrogeno durante il normale funzionamento e per mantenere la concentrazione di idrogeno sotto la soglia di rischio (sicurezza sul lavoro e pericolo di esplosione), deve essere garantita una ventilazione adeguata. Pertanto, nelle centrali elettriche le norme di sicurezza sull'utilizzo di idrogeno sono fondamentali.

Le molecole di idrogeno sono molto leggere e di piccole dimensioni, e pertanto è difficile confinarle. Nei periodi tra un'interruzione e l'altra del servizio, le fughe dovute all'usura di valvole, guarnizioni e apparecchiature varie possono causare accumuli locali di idrogeno tali da impattare sulla sicurezza dell'impianto. La quantità di idrogeno aggiunto nell'impianto viene monitorata con attenzione giornalmente. Un aumento della quantità di rabbocco di idrogeno è indice di una fuga che va accuratamente indagata. I metodi tradizionali di rilevamento e riparazione delle fughe (LDAR) sono generalmente lenti e non consentono di individuare la fuga con sufficiente rapidità da evitare il fermo dell'impianto. Il fermo dell'impianto potrebbe durare due o tre settimane, delle quali una buona parte è dedicata alla individuazione della fuga. Per una centrale elettrica, i costi connessi a un arresto non programmato possono essere nell'ordine dei milioni di dollari. È necessario quindi un metodo di rilevamento e riparazione delle fughe (LDAR) a impianto in funzione, al fine di evitare costose interruzioni non programmate; purtroppo, fino ad oggi i metodi disponibili presentavano grossi limiti nella capacità di individuare l'origine di una fuga.

Metodi di rilevamento tradizionali

I metodi per individuare le fughe di idrogeno in aree estese spaziano dall'applicazione di una soluzione saponata su ciascun componente, all'uso di sonde elettroniche sensibili all'idrogeno (sniffer). La soluzione saponata può essere valida per ispezionare uno specifico componente ma, in un'area estesa, individuare il componente affetto da una fuga potrebbe richiedere settimane. Inoltre, questo metodo è idoneo solo per individuare piccole fughe, in quanto, se si trattasse di un getto di idrogeno, questo impedirebbe la formazione di bolle nella soluzione saponata. Lo sniffer è una sonda manuale che produce un segnale audio in prossimità di una fuga. Sebbene sia un metodo di rilevazione relativamente accessibile, l'uso dello sniffer presenta alcuni inconvenienti. I generatori sono ben ventilati. La ventilazione forzata può diluire la concentrazione di idrogeno nell'aria a meno che non ci si trovi in prossimità dell'origine della fuga. Il flusso d'aria può anche convogliare l'idrogeno distante dalla sorgente rendendo quindi impossibile l'esatta localizzazione del componente da riparare. Gli sniffer non consentono agli operatori di vedere la fuga. Richiedono sempre intuizione e molto tempo per individuare l'origine della fuga.

Un nuovo approccio

La più recente evoluzione nel panorama della tecnologia di rilevamento di gas ha individuato nella termocamera uno strumento prezioso e indispensabile per le squadre addette alla manutenzione. Le termocamere, talvolta chiamate anche telecamere a infrarosso, sono state utilizzate con successo per rilevare carenze di isolamento in edifici o per individuare pericoli causati da surriscaldamenti di impianti elettrici. Da alcuni anni sono anche impiegate nel rilevamento ottico di SF6 utilizzata come gas tracciante. Tuttavia, alcune centrali elettriche sollevano obiezioni sull'utilizzo dell'SF6 come gas tracciante a causa del costo e dell'alto impatto sull'effetto serra (potenziale di riscaldamento globale (GWP) 23.000) oltre che per le restrizioni normative sull'uso continuativo di SF6. FLIR Systems ha collaborato con le principali realtà del settore per sviluppare una nuova generazione di strumenti per la rilevazione ottica di gas che potessero vedere un gas tracciante privo di queste controindicazioni. La nuova termocamera per la rilevazione ottica di gas FLIR GF343 utilizza CO2 come gas tracciante, un gas sempre disponibile nelle centrali. La CO2 è poco costosa, ha un potenziale di riscaldamento globale (GWP) molto basso e minori restrizioni normative sull'utilizzo rispetto all'SF6. Questa innovazione amplia ulteriormente l'impiego della tecnologia OGI nel rilevamento di fughe di gas. Il livello di purezza dell'idrogeno nella turbina viene garantito e l'impianto potrà funzionare normalmente. Infatti è sufficiente aggiungere all'idrogeno una piccola quantità di CO2 (generalmente 3-5%) come tracciante per consentire alla termocamera OGI di individuare la fuga. Con FLIR GF343 i tecnici dispongono di un nuovo strumento per individuare l'origine di fughe mantenendo in esercizio l'impianto.

Rilevamento del gas tracciante CO2

Aggiungendo all'idrogeno una piccola quantità di CO2 (<5%) come gas tracciante, il generatore può comunque funzionare mantenendo i livelli di sicurezza ed efficienza richiesti. Le squadre di manutenzione e gli operatori possono monitorare e verificare le fughe di idrogeno anche in piena operatività. I test condotti negli Stati Uniti e in Italia hanno dimostrato che, in presenza di una fuga, FLIR GF343 è in grado di visualizzare anche una minima quantità (~ 2,5%) di CO2 utilizzata come gas tracciante nel sistema, supportando i manutentori nell'esatta individuazione del problema, permettendo di valutare la necessità di riparazioni immediate o programmarle nel successivo fermo dell'impianto. Il vantaggio offerto dalla GF343 rispetto ad altre tecnologie di rilevazione è la possibilità di svolgere le ispezioni a impianto a pieno regime, risparmiando tempo e denaro e riducendo i tempi di fermo. Con una riduzione di due o tre giorni del periodo di fermo impianto, considerando che costo di ogni giorno di fermo si aggira intorno a $80.000-100.000 (a seconda del tipo e della dimensione del generatore), l’uso della CO2 come gas tracciante e la termocamera FLIR GF343 CO2, il ritorno sull'investimento è significativo. Le piccole fughe non sono molto frequenti, ma possono anche trasformarsi in fughe di notevoli dimensioni. Con la FLIR GF343, le squadre di manutenzione possono ridurre prontamente la concentrazione di idrogeno nell'atmosfera sotto il limite di esplosione.

Come funziona la FLIR GF343

La termocamera FLIR GF343 utilizza un sensore ad antimoniuro di indio (InSb) Focal Plane Array (FPA) con risposta spettrale di 3-5 μm e adattamento spettrale su circa 4,3 μm mediante filtro freddo, e raffreddamento del sensore a temperature criogeniche (attorno a i 70 K o -203 °C) tramite un motore sterling. Il filtro freddo, o regolazione spettrale, è fondamentale per la tecnologia di rilevamento ottico di gas e, nel caso della FLIR GF343, rende la termocamera particolarmente sensibile all'assorbimento dell'infrarosso da parte del gas CO2.

In pratica, l'energia di fondo, ad esempio irradiata da cielo, terra o altre fonti riprese dalla termocamera, viene assorbita dal gas. La termocamera restituisce un'immagine che mostra l'assorbimento di energia sotto forma di contrasto termico. La termocamera non solo mostra l'assorbimento spettrale, ma anche il moto del gas, visualizzato quindi come un pennacchio di 'fumo'.

La GF343 adotta anche una tecnica di miglioramento dell'immagine basata sulla sottrazione di fotogrammi, che consente di visualizzazione il movimento del gas. La modalità High Sensitivity Mode (HSM) ad alta sensibilità è il cardine del rilevamento di fughe infinitesimali. HSM è una tecnica di elaborazione video basata sulla tecnica di sottrazione di immagine, che migliora efficacemente la sensibilità termica della termocamera. Una percentuale dei pixel di un fotogramma della sequenza viene sottratta dai fotogrammi successivi. Così si può evidenziare il movimento del gas e migliorare la sensibilità della termocamera per poter individuare la più piccola fuga di CO2, anche senza l'utilizzo di un cavalletto.

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